Quando passeggiate per la Piasera o per le vecchie vigne delle colline tortonesi, in vista, ai bordi dei filari, spuntano nel periodo invernale, degli abbozzi di albero. Il salice porta con se i segni del tempo, delle potature dei contadini che non certo per diletto creano delle teste ritorte di legno vivo. Il contadino, gestore delle vigne utilizza i giovani rami del salice per fissare la vite al sostegno sia che l’allevamento sia a guyot sia a cordone speronato. La gestione moderna della vigna ha inserito materiale di sintesi il cui unico scopo al suo inserimento è legato al bilancio, costano poco, sono più veloci da applicare, necessitano meno mano d’opera, meno praticità manuale e durano di più. Ma l’impatto negativo sull’ambiente non è per nulla paragonabile a quello del salice, materiale organico biodegradabile e creatore di mano d’opera. ….
Alessandro
La sua trasformazione parte con la raccolta di gennaio, quindi i rami vengono portati in un luogo ampio e ripuliti, seduti in cerchio l’uomo taglia e divide i rami in gruppi di diversa dimensione per poter poi legare sia vigne vecchie che giovani. In questi istanti si scambiano opinioni, si raccontano storie ossia si crea socialità. Vengono raccolti in fascine di dimensione adatta ad essere facilmente legata al fianco del legatore. In attesa del periodo di legatura (fine febbraio-metà marzo), le fascine vengono tenute in un ambiente protetto e mantenute umide in modo tale da rendere i “salici” il più flessibile possibile durante la legatura. Cosi il rametto di salice aiuta il vignaiolo legando stretto la vite, rendendola salda al supporto per poter resistere ai forti venti e ai passaggi del contadino e infine aiuta la socializzazione e crea lavoro in un sistema di vita che crede in un lavoro più compatibile possibile alle esigenze dell’uomo.